Fonte e disciplina:
La Legge Cirinnà 20 maggio 2016, n.76 entrata in vigore il 5 giugno 2016 disciplina – tra le altre cose – i patti di convivenza (si precisa che la disciplina non è completa, ma necessita ancora di norme regolamentari per adeguare i registri dello stato civile alle iscrizioni ed annotazioni discendenti dalla nuova normativa).
Il Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione Centrale per i Servizi Demografici ha emanato in data l’1 giugno 2016 la Circolare n. 7/16 che detta le prime indicazioni sugli adempimenti anagrafici in materia di convivenze di fatto.
In base alla normativa ad oggi vigente, le coppie eterosessuali possono scegliere di convivere in una serie di diverse situazioni:
- Matrimonio
- Convivenza né registrata né regolamentata da alcun contratto di convivenza
- Convivenza solo registrata
- Convivenza registrata e regolamentata da contratto di convivenza
– la convivenza di fatto è accertata con riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui agli artt.4 e 13, comma 1, lettera b ) del DPR 223/1989 (c.d. registrazione);
– in presenza di un patto di convivenza connesso a convivenza di fatto, il contratto è iscritto nell’anagrafe ai sensi degli artt.5 e 7 del Regolamento di cui al DPR 223/1989.
DIRITTI CHE SCATURISCONO DALLA CONVIVENZA DI FATTO
Dalla mera convivenza di fatto discendono una serie di diritti, qui di seguito elencati: non si rende indispensabile la sua “registrazione” all’anagrafe, che svolge una funzione meramente probatoria (dichiarativa e non costitutiva), né risulta indispensabile la stipula di un patto di convivenza, che è meramente facoltativo e si propone di disciplinare aspetti ulteriori.
Dalla convivenza di fatto derivano alcuni diritti identici a quelli spettanti al coniuge unito in matrimonio, ai fini:
- delle visite in carcere,
- della assistenza /visita in ospedale e accesso a cartelle cliniche,
- del subentro nel contratto di locazione,
- della assegnazione di alloggi di edilizia popolare,
- della collaborazione in impresa familiare (è stato aggiunto l’art 230 ter c.c.),
- Della nomina a tutore o curatore.
E’ addirittura più ampio rispetto al coniuge unito in matrimonio il diritto alla redazione di una sorta di testamento biologico (in forma scritta o anche orale purché alla presenza di 1 testimone). In detta dichiarazione si può nominare proprio rappresentante il convivente affinché prenda le decisioni in materia di:
- salute in caso di sopravvenuta incapacità di intendere e volere.
- Espianto di organi in caso di morte.
Non viene invece prevista alcuna tutela per l’ipotesi di “rottura” del rapporto di convivenza, cui può comunque ovviarsi attraverso apposite previsioni contrattuali, già elaborate dalla prassi (come ad esempio l’attribuzione al convivente non titolare dell’immobile di una quota di comproprietà ovvero un diritto reale di godimento).
DIRITTI SUCCESSORI
Il convivente di fatto non acquista alcun diritto né quale erede legittimo né legittimario.
Viene però tutelato il suo diritto di abitazione della residenza comune, ove di proprietà del convivente defunto, con diritto ad abitarla:
- Per 2 anni (se la convivenza dura da meno);
- Per 5 anni (se la convivenza dura da oltre 5 anni);
- Per un periodo equivalente alla durata della convivenza se tra 2 e 5;
- In presenza di figli minori non meno di tre anni.
Sotto questo aspetto si può dunque dire che la convivenza rimane ancora irrilevante dal punto di vista successorio (a differenza di quanto previsto in tema di unioni civili). Pertanto nessun diritto spetta ex lege al convivente in caso di morte del compagno, né la legge in esame ha pensato di agevolare, sotto il profilo fiscale, eventuali donazioni o lasciti testamentari tra i conviventi (che, essendo tra loro estranei, sconterebbero la massima aliquota).
CONTRATTI DI CONVIVENZA
I contratti di convivenza sono accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione degli aspetti patrimoniali della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali. I conviventi possono regolamentare sotto alcuni aspetti il proprio rapporto, integrando la normativa elementare dettata dalla legge per la convivenza di fatto, oppure disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione del rapporto.
Il patto di convivenza presuppone che già esista una convivenza di fatto, necessita della preventiva registrazione della convivenza per poter essere stipulato e va a disciplinare diritti e situazioni diverse e ulteriori rispetto ai diritti che scaturiscono ex lege.
Il patto di convivenza richiede la forma scritta, con atto pubblico o autenticato, nonchè la verifica e l’attestazione del pubblico ufficiale di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Può anche contenere trasferimenti di diritti immobiliari o di beni mobili registrati o di quote societarie, nel rispetto delle forme previste per tali beni.
PERIMETRO SOGGETTIVO
Possono stipulare un contratto di convivenza registrata due persone:
- maggiorenni;
- dello stesso sesso o anche di sesso diverso;
- unite da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale;
- libere da vincoli matrimoniali o da altra unione civile (non possono costituire una convivenza registrata soggetti separati legalmente);
- che abbiano instaurato una «stabile convivenza»;
- che rendano dichiarazione all’anagrafe ai fini della redazione dello stato di famiglia, di aver costituito una nuova convivenza (il certificato anagrafico di cui all’art 13 comma 1 lettera b) Regolamento di cui al DPR 223 del 1989 non ha natura costitutiva della convivenza che nasce di fatto, ma di mezzo di prova della stessa).
PUBBLICITA’
Al fine di regolamentare il fenomeno delle unioni civili e delle convivenze sotto il profilo dei registri dello stato civile, il Ministero dell’Interno ha emanato il 1° giugno 2016 una circolare nella quale detta le regole per:
- La registrazione delle convivenze in seguito alla dichiarazione di parte,
- La registrazione dell’eventuale contratto di convivenza (ovvero della sua risoluzione) trasmesso dal professionista.
E’ previsto che le registrazioni vengaano effettuate
– sia nella scheda di famiglia dei conviventi
– sia nella scheda individuale di ciascuno di essi.
L’Ufficiale dell’Anagrafe è tenuto ad assicurare la conservazione della copia del contratto di convivenza a lui notificato dal professionista, agli atti del proprio ufficio.
CONTENUTI DEL CONTRATTO DI CONVIVENZA
I conviventi possono regolare alcuni aspetti dei loro reciproci rapporti, quali ad esempio:
- Fissare la residenza comune (anche se si ritiene che la coabitazione si dovrebbe presumere a monte per iscrivere la convivenza come nuova famiglia anagrafica).
- Fissare le modalità di contribuzione alla vita in comune (con criterio di proporzione alle proprie capacità di lavoro, ma che si ritiene derogabile).
- Optare per il regime di comunione legale dei beni (in mancanza di tale opzione opera di default la separazione).
Il comma 53 della Legge Cirinnà detta solo una disciplina scarna del contenuto del contratto di convivenza, che va integrata con le altre disposizioni sempre dettate per lo stesso contratto. Dall’intero impianto normativo risulta che l’accordo tra conviventi:
- deve contenere l’indicazione del domicilio di ciascuna parte per le notifiche (indicazione obbligatoria). La rilevanza di tale indicazione si evince dalla disciplina del recesso unilaterale dal contratto di convivenza e dagli effetti della notifica;
- può contenere l’indicazione della residenza (le parti possono convenzionalmente fissare la residenza comune, anche si deve ritenere che residenza comune debba preesistere come elemento sul quale si fonda la “famiglia anagrafica”);
- può contenere le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale e casalingo. Corrisponde sostanzialmente all’obbligo di contribuzione previsto come inderogabile nel matrimonio e nelle unioni civili. Nelle convivenze, in considerazione della minore vincolatività del rapporto, la relativa previsione è affidata all’autonomia negoziale delle parti. In considerazione della diversa qualità del rapporto disciplinato (rispetto al matrimonio e alle unioni civili nelle quali l’obbligo proporzionale di contribuzione è inderogabile) e della autonomia negoziale riconosciuta ai conviventi nel regolare i loro rapporti patrimoniali, viene lasciata all’autonomia delle parti la scelta se prevedere o non prevedere l’obbligo di contribuzione, e le parti stesse possono disciplinare anche in deroga al principio di proporzionalità;
- non può essere sottoposto a termine o condizione i quali, se inseriti, non producono l’invalidità del contratto ma si considerano come non apposti. La convivenza infatti è una situazione interpersonale affettiva tendenzialmente a tempo indeterminato la cui regolamentazione patrimoniale non sopporta l’apposizione di termini o condizioni;
- può contenere il regime patrimoniale della comunione dei beni, facendo al riguardo il comma 53 lettera c) rinvio agli articoli da 177 a 197 c.c.. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con altro contratto concluso con le forme prescritte dall’art. 51.
E’ discusso se ed in quale misura si possano derogare di alcuni diritti “patrimoniali” riconosciuti espressamente dal legislatore ai conviventi (ad esempio al diritto di ricevere gli alimenti. Pare potersi affermare che sia disciplinabile la misura e la modalità di prestazione degli alimenti ma che sia tendenzialmente indisponibile il diritto a riceverli, in presenza delle condizioni previste dalla legge).
Non si ritiene ammessa la convenzione di fondo patrimoniale ed è dubbia l’ammissibilità della scelta di un regime di comunione convenzionale (intesa come scelta della comunione legale in fase modificativa di un precedente patto di convivenza già stipulato e nel quale non si prendesse posizione sul regime patrimoniale).
Poiché in Italia esiste il divieto dei patti successori e quindi non possono essere disciplinati attraverso il contratto di convivenza i rapporti successori, si può disporre dei propri beni attraverso il testamento inserendo eventuali clausole a favore del convivente more uxorio (es. istituzione di erede del convivente more uxorio; legato del diritto di abitazione in favore del convivente more uxorio; legato del diritto di abitazione e del diritto di prelazione in favore del convivente more uxorio).
Quindi i diritti successori legati al rapporto di convivenza andranno regolati con testamento e non con il contratto di convivenza.
CAUSE DI SCIOGLIMENTO DELLA CONVIVENZA
Il patto di convivenza si può sciogliere:
- Per mutuo dissenso: nelle stesse forme previste per il contratto e sarà opponibile ai terzi (anche ai fini dello scioglimento della comunione legale) solo dal momento della sua iscrizione nei registri anagrafici;
- Per recesso unilaterale: nelle stesse forme previste per il contratto, da notificare all’altra parte e al professionista che ha ricevuto il contratto. Sarà opponibile ai terzi
(anche ai fini dello scioglimento della comunione legale) solo dal momento della sua iscrizione nei registri anagrafici;
- Per morte di uno dei contraenti;
- Per matrimonio o unione civile tra le parti o tra uno ed una terza persona.
In caso di cessazione della convivenza l’uno deve versare alimenti all’altro solo se versa in stato di bisogno per un periodo proporzionale alla durata della convivenza
DIVIETI E CAUSE DI NULLITA’ DEL PATTO
- Il patto di convivenza non può regolamentare aspetti personali o limitativi della propria libertà: non si possono stabilire ad esempio obblighi di coabitazione, di assistenza morale, di educazione dei figli, di fedeltà etc. etc..
- Il patto non tollera termini e condizioni (quindi non può contenere previsioni per il momento o l’eventualità in cui cessi la convivenza: in altri termini non può fungere da accordo “prematrimoniale”).
- Il patto è nullo:
– se taluna delle parti sia legata da vincolo matrimoniale, da un’unione civile o da un altro contratto di convivenza;
– se una delle parti è minore d’età;
– se una delle parti è interdetta;
– se una delle parti è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra (impedimento al matrimonio in base all’art. 88 c.c.);
– se tra conviventi sussistono rapporti di parentela, affinità o adozione.
COPPIE TRANSNAZIONALI
In base alla Legge Cirinnà, se i conviventi hanno cittadinanze diverse da quella italiana, ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti.
Ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata. Sono fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima.
Con regolamento UE approvato da soli 18 Stati (Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia) in seguito ad una procedura di cooperazione rafforzata a fine giugno 2016 e destinato ad essere recepito nell’arco di 2 anni e mezzo, è stata introdotta la possibilità che i conviventi di fatto registrati, possano scegliere a quale legge sottoporre i loro rapporti patrimoniali tra i seguenti criteri:
– La legge di residenza comune o di uno dei due,
– La legge della cittadinanza comune o di uno dei due,
– La legge dello Stato in cui l’unione o la convivenza si è costituita.
In mancanza di scelta la legge applicabile è quella dello Stato in cui l’unione o la convivenza si è costituita
UN ESEMPIO DI CONTRATTO DI CONVIVENZA
Quali aspetti disciplinare ? Ecco alcuni esempi:
– le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese comuni o nell’attività lavorativa domestica ed extradomestica;
– i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza (potendo addirittura definire un sorta di regime di comunione o separazione);
– le modalità di uso della casa adibita a residenza comune (sia essa di proprietà di uno solo dei conviventi o di entrambi i conviventi ovvero sia in affitto);
– le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza al fine di evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni;
– la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.
– Sono ritenute ammissibili clausole volte alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali inerenti il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole. Si tratterebbe, comunque, di clausole sempre suscettibili di essere revocate e modificate, se ciò fosse richiesto al fine di perseguire l’interesse dei figli (da considerarsi sempre preminente rispetto all’interesse dei conviventi al rispetto degli accordi tra gli stessi intervenuti).